Guardando a Oriente

Guardando a Oriente

Avevo il volo prenotato per la Turchia. Sarei tornata nella mia amata Istanbul e poi avrei visitato la Cappadocia. Ma sappiamo come è andata, e così mi sono ritrovata con una manciata di giorni di ferie e una voglia impellente di partire. Decido di andare a Venezia, città ponte tra Occidente e Oriente, quindi è un po’ come assecondare la mia vocazione verso quella parte di mondo. Confido nell’assenza del turismo di massa e spero che il Mose faccia il suo lavoro. Ed eccomi qui, il mio fedele zaino in spalla e il sempre vivo entusiasmo di chi ama viaggiare.

Venezia è stata una meravigliosa riscoperta. Ho tre giorni a disposizione e tantissimi passi da dedicarle. Ho vagabondato tra campi e calle godendo di scorci sorprendenti, perdendomi nei vicoli senza uscita, ho cercato i bellissimi riflessi delle case nell’acqua. Ho ammirato i mosaici di San Marco e guardato la piazza del tetto della basilica. I gabbiani le sfrecciano intorno con grazia, si adagiano sul leone alato simbolo della città e, quasi a sfidare la sua immobilità, spiccano il volo. Ho sempre la testa per aria, il bucato steso sembra più bello del mio, come se la bellezza qui fosse contagiosa. Il cielo è sporcato dalle nubi e il tramonto è bellissimo. Lo guardo seduta per terra, sentendo gli schizzi della riva e giocando con la macchina fotografica.

La pioggia della notte pulisce il cielo e lascia qualche pozza in piazza San Marco. Gioco con i riflessi e mi diverto a osservare il gabbiano a che pesca. Visito la poco nota Scala Contarini del Bovolo, costruita, come mi racconta il cameriere di una pizzeria, per permettere al proprietario di salire in cima a cavallo. E finalmente vado alla leggendaria Libreria Acqua Alta, sommersa più che altro di libri e gatti. Vorrei vivere qui, penso. Un luogo incredibile da cui è difficile allontanarmi. E infatti ci tornerò anche il giorno dopo.

Il programma del pomeriggio prevede una breve gita a Burano, per ammirare le famose case colorate che, si dice, permettevano ai pescatori che rientravano a casa di riconoscere da lontano la propria. Basterebbe un’ora per visitarla tutta. Ma io sono sola, ho la macchina fotografica, scatti da provare e riprovare per trovare l’angolatura più originale. E poi ho letto che qui il tramonto è speciale. Decisione presa: lo aspetto. E intanto cammino, sbircio, leggo, ascolto musica. Mi immagino di essere una scrittrice che per finire il suo primo libro, affitta una casetta verde, si alza all’alba e scrive. Provo senza successo a fotografare i gabbiani in volo. Mi prendo il tempo per me. Arriva la sera. La luce rossiccia del sole basso si infila nei canali e addolcisce il colore sgargiante delle facciate. Ascolto il rumore dell’acqua e rifletto sulla bellezza del tempo che mi sto regalando.

Il mio ultimo giorno è dedicato al Ghetto ebraico, il più antico d’Europa e alla visita delle sue sinagoghe. Mi immergo nei vicoli letti e riletti in tanti libri. Faccio conversazione con le guide del museo ed è bellissimo. Poi mi ributto tra le calli e mi godo il sole caldo. Succede una cosa emozionante camminando a Venezia. Si gira un angolo e, improvvisamente, il rumore di sottofondo di voci e passi si spegne. Nel silenzio senti il rumore dell’acqua che sbatte sulle case. Sei sola con questa meraviglia e potresti incontrare il doge, pensi. O qualche mercante che tratta per vendere la sua merce

. Poi giri una altro angolo e tutto cambia di nuovo.

È ora di recuperare lo zaino e andare in stazione. Sono felice di averti conosciuta così, Serenissima. Discreta e maestosa al tempo stesso. Lo sguardo a Oriente che ci accomuna. Ci rivedremo, perché ho ancora tante cose da fare e vedere con te.

E grazie.

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Sono Lucia

“Ogni viaggio è una tappa verso la donna che vuoi essere.”
Io sono partita tante volte… e ogni volta ho lasciato indietro una parte di me per far spazio a quella che stava nascendo.