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La Signora del Castello

La Signora del Castello

Quando immagino un castello penso sempre a un maniero medievale, massiccio e squadrato, senza troppe decorazioni e arroccato su un’altura. 

Il castello di Bianello è questo, l’unico dei quattro castelli che permettevano di controllare il territorio circostante ancora esistente nel comune reggiano chiamato, appunto, Quattro Castella, nei territori di Matilde di Canossa. 

Sono arrivata ai piedi della collina a metà pomeriggio di un giorno tiepido di Novembre. La luce calda che precede il tramonto avvolge il castello mentre l’aria si fa più fredda e l’atmosfera si fa vagamente cupa. Accediamo passando da un cortile che si affaccia sulla vallata e, da qui, entriamo e cominciamo ad aggirarci attraverso le stanze insieme a Danilo, assessore alla cultura e guida che ci accompagna in questo viaggio nel passato. La costruzione del primo edificio risale all’inizio dell’XI secolo. Durante la visita, si possono osservare i diversi interventi che si sono susseguiti nel tempo fino a quella che è la struttura attuale. Io seguo la spiegazione, mi guardo intorno e faccio fotografie ma sono impaziente. Conosco la storia del castello di Bianello e voglio sapere tutto, ho moltissime domande, voglio entrare in quella camera, vedere quello specchio e, sì, lo ammetto, voglio scattare quella fotografia. Quando entro nella stanza con il letto del ‘500, sulla sinistra, riconosco all’istante lo specchio ovale, con la cornice dorata, piccolo. E’ questo lo specchio nel quale una signora in visita come me ha fotografato il riflesso di profilo di quella che qui chiamano la signora del castello. Nell’immagine, scattata mentre la stanza era vuota, si vede una donna giovane, molto bella, i capelli raccolti in uno chignon, che guarda da un lato mentre una figura maschile piuttosto inquietante, sembra spiarla nascosta dietro una porta. Danilo ci racconta che molte delle persone che hanno abitato o che lavorano nel castello hanno incontrato la Signora. Nessuno ha finora ricostruito la sua identità ma tutti concordano sul fatto che abbia i capelli raccolti e un abito verde lungo fino ai piedi. Deve essere stata, quindi, una delle padrone di questa residenza che, dal giorno della sua morte, ha deciso di rimanere a proteggere la propria casa. Sembra non essere la sola entità che si prende cura del castello ma, certamente, è la più presente e attiva, stando alle segnalazioni. La storia che trovo più affascinante è quella raccontata da uno dei custodi. Una sera, durante il suo giro di controllo dopo che gli ultimi visitatori erano usciti, si avvicinò a una finestra per chiuderla. Nel farlo vide una figura femminile riflessa nel vetro. Si girò per avvisare la donna che il castello era chiuso, e che doveva uscire, ma quello che vide fu la figura di una figura eterea, vestita di verde, che si dissolveva nel grande salone lasciandolo attonito e anche un po’ spaventato. 

Mi affaccio da quella finestra, il sole sta calando e le colline intorno hanno preso il colore rosato del tramonto. La vista è davvero bellissima. Socchiudo la finestra sperando di vedere qualcosa nel vetro, provo anche a girarmi di scatto ma vedo solo il grande tavolo al centro della stanza e il pianoforte alla parete nel lato opposto. Peccato, penso tra me. 

Anche per noi è ora di lasciare il castello. Ormai è buio e la visita è giunta al termine. Guardo ancora una volta la sua facciata solida e imponente, le finestre verdi si stagliano regolari dalle pietre dei grossi muri. Si muove un leggero vento fresco. Mi attardo a guardare verso l’alto sperando che la Signora abbia notato la mia curiosità per lei e abbia voglia di farmi un saluto. Forse siamo in troppi perché si senta libera di farsi vedere. Forse la prossima volta, se andrò sola, mi darà un segnale. Magari diventeremo amiche. 

Non chiedetemi se credo ai fantasmi. Non saprei rispondere. Di certo amo credere che l’energia, che non si crea e non si distrugge, possa trasformarsi in qualcosa di diverso da un corpo. Amo credere che mia madre, un giorno, avrà il desiderio di farmi un saluto e sorridermi ancora una volta come fa in quella fotografia dove mi tiene in braccio. Io felice, i riccioli neri, lo sguardo in un punto lontano. Chissà cosa guardavo mentre il fotografo scattava. Magari avevo visto il profilo di una bellissima donna riflesso in uno specchio. 

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Sono Lucia

“Ogni viaggio è una tappa verso la donna che vuoi essere.”
Io sono partita tante volte… e ogni volta ho lasciato indietro una parte di me per far spazio a quella che stava nascendo.