Ma cosa vai a fare a Sofia? Non sono poche le persone stupite per la scelta di questa meta che, poco conosciuta, evoca le fredde e tristi atmosfere degli ex paesi socialisti. Se poi ci vai a Dicembre, quando le giornate sono gelide e corte, allora la diffidenza aumenta. Ma se c’è una cosa che ho imparato dai viaggi che ho fatto è che ogni luogo merita di essere visto e che lo sguardo con cui si osserva ciò che si vede può fare la differenza. Sono partita con la mente e gli occhi puliti, senza aspettative e senza quella smania di trovare monumenti, panorami e scorci visti tante volte nelle fotografie degli altri, nei film o nei documentari di viaggio. Sono partita con il desiderio di vivere esperienze di cui scrivere, di sorprendermi di un luogo del tutto sconosciuto e di fare incontri che si accumulassero nel mio bagaglio di ricordi. Non sono tornata delusa, da nessun punto di vista.
Sofia, capitale della Bulgaria, parte dell’impero bizantino prima, dell’Impero ottomano poi, indipendente dal 1878 ma sotto la forte influenza sovietica, dopo la caduta del muro di Berlino ha iniziato la sua strada verso una nuova identità senza riuscire ancora del tutto a lasciarsi alle spalle l’atmosfera di austera città dell’Est Europa di stampo socialista. Quello che si respira, arrivando in una fredda mattina d’inverno, è questa doppia anima di città vibrante e volta a occidente e il suo passato ingombrante ma ricchissimo di città d’oriente.
Cammino con la cuffia sulla testa e la sciarpa alzata fino al naso, i guanti a rendere i gesti impacciati mentre un cielo basso e grigio lascia cadere qualche indeciso fiocco di neve. Alzo gli occhi respirando per far entrare nei polmoni l’aria di questo luogo nuovo. Gli occhi chiusi e le orecchie tese ad ascoltare il canto del Moezzin. Sono accanto alla Moschea Banja Bashi, un piccolo e grazioso edificio che si affaccia sulla strada principale. A poche decine di metri si trova la sinagoga, una delle più grandi d’Europa. Alle mie spalle, in fondo al grande viale, svetta la meravigliosa cattedrale ortodossa di Sveta Nedelya. Con un solo giro su me stessa posso percepire la commistione di culture e tradizioni che convivono in questa città. Le tre grandi religioni convivono tranquillamente e l’immagine di questi tre luoghi santi che si guardano dai diversi angoli della strada mi piace moltissimo. Sono già innamorata di questo luogo e la neve che cade con più convinzione rende il momento perfetto.



Il centro di Sofia è piccolo e si gira a piedi comodamente cosa che rende molto rilassante scoprirla: manca la frenesia delle grandi città con così tante cose da vedere da rischiare di trasformare il viaggio in una corsa su e giù per i quartieri. Qui si può passeggiare senza fretta, godersi il tempo per un tè caldo in un localino pieno di oggetti e libri, chiacchierare con il proprietario, un genovese che ha un bellissimo gatto rosso che dorme sulla poltrona e molte storie da raccontare. Di Mario racconterò un’altra volta perché questo incontro merita uno spazio a sé ma il Pesto Bistro è un altro di quei luoghi del cuore che ho sparsi in tutto il mondo. Tra un tè e una cioccolata calda, una zuppa e un po’ di banitza, una specie di torta salata con formaggio e spinaci, entriamo nelle numerose chiese ortodosse della città. Ce ne sono di grandissime e di piccole, tutte bellissime e molto suggestive. In alcune ci fermiamo un po’ per assistere alla cerimonia. I fedeli accendono sottili candele che infilano in grandi ciotole di sabbia. Una è per i morti e una per i vivi, così, osservando le persone, posso immaginare se stanno pensando a qualcuno da proteggere o a una persona cara che non c’è più. Resto in piedi e mentre la voce del sacerdote scandisce la preghiera e il coro accompagna con canti bellissimi, ammiro i meravigliosi affreschi e i grandi lampadari. La cerimonia più suggestiva è quella a cui partecipo nella chiesa russa di San Nicola, che si trova accanto alla incredibile Cattedrale di Alexander Nervsky che, sia di giorno che di sera, regala uno spettacolo degno delle grandi cattedrali delle più note città europee. Questa chiesa ricorda la basilica di San Marco di Venezia, non a caso la città ponte tra oriente e occidente.
Fa freddo. Giro per le strade illuminate e i palazzi eleganti del centro, con un bicchiere di vin brulè che tengo tra le mani per scaldarle e sorseggio lentamente mentre la neve ricomincia a scendere senza troppa convinzione. Il palazzo che fu sede del partito comunista spicca in fondo alla piazza con una certa spavalderia mentre dal lato opposto la statua di Santa Sofia si sporge maestosa verso di lui. Nel mezzo, sotto il livello della strada, la chiesetta paleocristiana e i resti della città romana completano la panoramica delle molte storie della città.








Le taverne offrono rimedio al freddo e alla fame con stufe caldissime e pietanze sostanziose e deliziose che, di nuovo, raccontano della multiculturalità di questa parte di Europa: alla tradizione bulgara si uniscono quella turca e greca e il risultato è un matrimonio di sapori davvero sublime che ti fa dubitare, piatto dopo piatto, di essere davvero in Bulgaria e non a Istanbul oppure ad Atene.






Sofia è certamente una città con una antica e interessante storia e opere artistiche insolite per noi europei occidentali ma ricche di fascino. Allo stesso tempo, tuttavia, si percepisce un’anima giovane, vitale e frizzante. La grande via pedonale Boulevard Vitosha è piena di locali di ogni tipo e per tutti i gusti e per tutte le età. E’, forse, nei graffiti sparsi per la città, tuttavia, che ho trovato l’aspetto più affascinante dell’estro moderno di questa città. Alcuni si trovano nel centro storico, nascosti tra antiche stradine, mentre quelli più grandi e impressionanti sono nel quartiere popolare di Hadzhi Dimitar. Si passeggia tra i palazzoni grigi e i marciapiedi sconnessi, tra cani randagi e auto parcheggiate in modo fantasioso in una divertente caccia al tesoro tra i graffiti cittadini che sono un vero museo a cielo aperto. Vale la pena la passeggiata di 40 minuti per arrivare sotto questi mostri di cemento che offrono uno sguardo diverso a questa sorprendente città.










Il mio lungo fine settimana bulgaro è quasi finito, ma non posso lasciare la città senza un giro in libreria. E a Sofia, se si dice libreria si dice Elephant Bookstore: un piccolo negozio pieno di libri in inglese e oggetti disparati, dalle tazze di Harry Potter, a vecchie fotografie, dalle targhe di latta alle cartoline in stile anni ’50. La musica accompagna il passaggio tra gli scaffali ed è così bella che viene voglia di sedersi sulla seggiola da regista, prendere un libro di Margaret Atwood e restare lì, fino alla chiusura, a leggere e osservare i volti stupiti delle persone che entrano. C’è anche una scopa per giocare a Quiddich e penso che, sì, questo è un posto davvero bello. Non vedo bacchette magiche ma probabilmente le hanno finite perché la scuola è già iniziata. Tornerò a settembre, penso. Comprerò la mia bacchetta, berrò un tè freddo passeggiando in uno dei bellissimi parchi che oggi sono spogli e malinconici, e alzerò gli occhi al cielo per sentire il caldo del sole sulla pelle. Respirerò, ricorderò quest’aria gelida e i fiocchi di neve sul viso e mi dirò che le mete meno note e da cui non sappiamo cosa aspettarci, sono proprio quelle che fanno aprire la bocca per la sorpresa e ricordano quanto il viaggio sia il migliore maestro di stupore.
Arrivederci elegante e discreta Sofia. A presto. E grazie.














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