La Calabria secondo me è un viaggio sorprendente, fatto di moltissimi chilometri (3.150 per l’esattezza), di continue sorprese, di incontri speciali, di mare, di caldo, di storia e natura. La Calabria secondo me è ben più dell’acqua limpida di Tropea, degli scorci di Scilla e dei Bronzi di Riace che, lasciatemelo dire, comunque valgono il viaggio.

Ma partiamo dall’inizio, da quella piccolissima chiesa che, negli anni, mi ha strizzato l’occhio più di una volta. La Cattolica di Stilo, simbolo della Calabria bizantina e punto di partenza del mio viaggio in solitaria. Da qui si è dipanato il mio itinerario, traccia di curiosità nuove e ricordi di bambina, di amicizie e voglia di avventura.

Così sono partita, con le mie due compagne di viaggio, la mia instancabile Puntoebasta e la macchina fotografica. Sono scesa a sud, ho incontrato amici meravigliosi tra i paesaggi selvaggi del Pollino. Mi sono infilata nelle gole del Raganello, provando una certa soggezione per quella natura potente. Ho percorso la costa ionica con incursioni nell’interno tra castelli incastonati tra i monti e fortezze a picco sul mare. Ho raggiunto abbazie medievali arrampicandomi su strade tortuose e chiacchierato con un custode felice di aprirmi luoghi segreti.

Sono scesa al sud del sud, imbattendomi nei coloni greci, a Sibari o a Capo Colonna, ho ammirato il ferito Aspromonte dalla rocca di Gerace, dove ho mangiato le favolose melanzane ‘mbuttunate chiacchierando con una coppia simpatica e curiosa del mio viaggio da sola, cui devo alcuni dei migliori cambi di programma. E poi eccola, finalmente, la Cattolica, così piccola, così lontana dalle normali rotte di vacanza, quasi timida nella sua austera eleganza, eppure così potente. Ho provato una grande emozione, come mi accade ogni volta che raggiungo un luogo tanto desiderato. C’è quel momento nel quale le immagini dei libri lasciano il posto al tuo sguardo diretto e i tuoi occhi possono scandagliare ogni angolo cercando ciò che hai già visto ma anche angoli nuovi e inediti. Ecco, quel momento è davvero magico e tu stai lì, a fissare tale bellezza con l’intento di incastonarlo per sempre tra i ricordi più solidi. E provi una felicità profonda.

E poi sono scesa ancora, verso un luogo antico e pieno di ricordi di bambina. Destinazione Scilla, prima meta delle mie vacanze al sud con i miei genitori (un numero imbarazzante di anni fa). Mentre guidavo, immagini di moltissimi anni fa, tornavano da me: la casa di pescatori in cui dormivamo, mia sorella che appena camminava, incedere incerta sui sassolini della spiaggia, lo stupore di fronte al quel paese fantasma le cui rocce somigliano alle dita di una mano. Sono arrivata ai piedi di Pentedattilo provando l’emozione profonda di un passato felice e sfuocato, ho rivisto le rughe scavate nel volto di quell’anziano signore che 35 anni fa ci raccontò in poesia la storia del suo paese, ho sorriso al pensiero dei fichi d’india sbucciati senza la competenza necessaria a non pungersi innumerevoli volte. Ho sentito una lacrima scendere al pensiero che, allora, la mamma riusciva a salire fino lassù, e che poi non lo avrebbe fatto più e si sarebbe persa tanta bellezza. Le ho rivolto un saluto silenzioso, quello della bambina di 10 anni che allora non sapeva apprezzare i semi che stava delicatamente piantando per rendermi la donna curiosa che sono ora.

Ed eccomi a Scilla, vivace borgo di pescatori, oggi presa d’assalto dai turisti che hanno voglia di mare e di vivacità e che saltellano dalle spiagge ai vicoli della pittoresca Chianalea. Ovviamente l’ho fatto anche io, una volta tanto buttandomi nella confusione con sguardo divertito e imparando a districarmi tra le microscopiche strade a doppio senso ma fatte per piccole carrozze e non per le giganti auto di oggi. Ho passeggiato in cerca di scorci, ho mangiato l’imperdibile panino al pesce spada nel locale più famoso e affollato di Calabria con la soddisfazione di chi, a Natale, riesce a comprare il bracciale di Pandora per la fidanzata evitando la coda chilometrica davanti alla vetrina (questo lo so solo per sentito dire, ci tengo a precisarlo). Mi sono persino concessa una delle rare mattine di mare. Qui merita davvero!

“A Reggio Calabria devi vedere i bronzi di Riace, guardare il tramonto sul lungo mare ammirando l’Etna, mangiare una granita e un arancino”. Ho fatto tutto e molto di più. Ho ammirato la perfezione magnetica dei bronzi, ipnotizzata da quegli occhi profondi. Ho sorriso allo sguardo rassegnato del ragazzo di fronte alla propria evidente inadeguatezza fisica. Ho mangiato una granita ai fichi bianchi e pistacchi. E una alle more, regalata. Ho fatto foto sceme con tre signori conosciuti per caso. Ho scattato foto ai pescatori serali mentre alle mie spalle Allevi suonava prima di un concerto. Ho chiuso gli occhi, ascoltato la magia delle sue note. Lì, sul lungo mare di Reggio. E ho pensato che ha proprio ragione il mio amico Gianpaolo: questo è il viaggio delle cose belle belle.

Da qui è iniziata la mia lenta risalita: una tappa a Tropea, perché anche io devo fare qualche cosa di normale, tipo fare un bagno nel mare più bello della Calabria o mangiare granite, tartufi e cose così. E quindi l’ho fatto, ma a modo mio: spiaggia la mattina presto, tramonto mozzafiato guardando lo Stromboli e pensando: ma dai domani quasi quasi ci vado. E così ho fatto: gita alle Eolie con aperitivo nella bellissima Stromboli e sciara del fuoco spettacolare.

Questo racconto inizia ad essere parecchio lungo, del resto mi accorgo scrivendo che ho visto davvero moltissime cose. Facciamo così, nella speranza di rompere la noia della lettura: procederò per immagini, sensazioni, le mie famose liste di cose belle, partendo dalla chiesetta di Piedigrotta, fino alla mia serata da principessa nel castello dove dormì Federico II e dove mi piace pensare di avere visto uno dei suoi falchi volare sopra di ma e farmi un cenno, passando per i pini loricati fino al saluto alla Calabria per terminare il mio viaggio in Puglia. Sono stata ad Altamura dove ho rincontrato Federico (e cambiato la batteria alla mia compagna di viaggio) e poi nella meravigliosa Bari dove ho lasciato un altro pezzo di cuore, innamorata a prima vista.

Ecco, dunque, una carrellata confusa delle emozioni di questo meraviglioso viaggio e di cosa sia la Calabria, secondo me.

La Calabria è il sole che si tuffa nel mare dietro a un vulcano. E’ la storia millenaria che si incastra tra gli scogli e tra i monti. E’ Bisanzio che dialoga con i greci, gli Svevi e con gli Aragonesi. La Calabria è il peperone crusco che si adagia nello stesso piatto accanto a un arancino, è percorrere strade impossibili incoraggiando la tua strepitosa auto che, senza metano e senza aria condizionata, forse ce la farà ad arrivare lassù. Poi però una batteria nuova devi regalargliela. La Calabria è la gioia di incontrare amici che si prendono il tempo per salutarti e per trascorrere una serata con te, ma che poi ti lasciano andare perché sanno che a te piace fare la zingara. Ma tu continui ad abbracciarli fortissimo! Quegli stessi amici che ti sono accanto silenziosi e presenti in caso avessi bisogno e chi ti prendono in giro perché visiti castelli arroccati, sotto il sole di agosto invece che stare in spiaggia.

C’è la Calabria, e poi c’è la Calabria secondo me. Quella conosciuta in solitudine. Ma diceva Rino Gaetano (almeno credo) che un uomo solo è sempre in buona compagnia… Lo è ma c’è di più: c’è che chi viaggia da solo ha gli occhi e il cuore sempre connessi con il luogo in cui si trova ed è sempre pronto all’incontro con i compagni di viaggio che lo incrociano: la Calabria secondo me è fatta di quei turisti incontrati sul lungomare di Reggio Calabria e con cui ho fatto foto sceme ridendo tanto, o del pescatore incontrato alla Tonnara di Palmi che mi ha raccontato del suo lavoro di 50 anni, è fatta dei ragazzi con il loro Golden Retriever con cui ho chiacchierato al tramonto, o di quella coppia bellissima che ho fotografato seduta su un muretto a Chianalea. La Calabria secondo me sono l’aperitivo al tramonto pensando a Federico II, le orecchiette più buone del mondo, le sgagliozze mangiate a Largo Albicocca, il saluto dei pescatori del porto di Bari “Buongiorno signorina. Bella Bari eh?”.

La Calabria secondo me è un concentrato di bellezza ancora poco consapevole e per questo ancora più affascinante. Lo sguardo di quel ragazzo davanti ai Bronzi di Riace. O il suono del pianoforte di Allevi. Sono i sorrisi ai passanti e ai loro sguardi curiosi nel vedermi sola.

La Calabria secondo me, sono quei momenti di completa felicità per avere il coraggio di essere me stessa e darmi la possibilità di godere della bellezza che questi 12 giorni, con i loro 3150 km mi hanno regalato.

Non ci vuole coraggio a viaggiare da soli, ma ce ne vuole per ascoltare sempre i nostri desideri, anche quando sembra impegnativo, anche quando si presentano imprevisti, anche quando chiami i carabinieri perché un’auto ti sta seguendo e poi per ore ti sembra che tutti stiano seguendo te, perché poi ti basta scorgere quel panorama incredibile e ti senti davvero nell’unico luogo in cui dovresti essere, con la persona più importante della tua vita, te stessa. E con la tua macchina fotografica e la tua coraggiosa e instancabile Puntoebasta.

La Calabria secondo me si chiama Apulia, quella terra che l’uomo della mia vita, purtroppo morto nel 1250, amava così tanto. La terra che univa Sicilia, Basilicata, Calabria, Puglia. Saremmo stati felici insieme, a Castel del Monte o bevendo vino al tramonto sul Pollino. Il tempismo non è il mio forte Federico. Ma sappi che ti ho portato in viaggio con me.

P.S. Dedico questo viaggio a tutte le donne che non hanno la libertà di viaggiare, di studiare, di guidare un’auto e di godere delle meraviglie di cui posso godere io.

3 risposte a “La Calabria secondo me. (ovvero, il mio viaggio in Apulia con Federico II).”

  1. Avatar Fabio Pioppini

    Un racconto fantastico , grazie .
    Un inno alla libertà e alla ricerca delle cose belle, quelle che ci fanno stare bene

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  2. Avatar Stefania De Giorgio
    Stefania De Giorgio

    Grande Lucia! Grazie per questo meraviglioso diario di viaggio e grazie sempre per trasmetterci la capacità che hai all’ascolto verso te stessa. Credo che questo tipo di viaggio valga sempre la pena compierlo ❤️Mi hai commosso con la dedica finale!

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  3. Avatar Federico Cinti
    Federico Cinti

    Ah, un racconto scritto col cuore! Peccato solo, ma parlo di me ovviamente, non potermi gustare le immagini «inctu oculi», anche se il tuo pennello verbale me le ha fatte vedere lo stesso.
    «Io son colui che tenni ambo le chiavi
    del cor di FEderigo» etc.
    Potremmo mettere «colei», a questo punto.

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Sono Lucia

“Ogni viaggio è una tappa verso la donna che vuoi essere.”
Io sono partita tante volte… e ogni volta ho lasciato indietro una parte di me per far spazio a quella che stava nascendo.